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GROTTA DI SAN MICHELE: UNA MERAVIGLIA NATURALE

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Ai confini settentrionali del comune di Liberi, nella frazione Profeti, in provincia di Caserta si leva la montagna anticamente chiamata Monte Melanico (e poi Monte S. Angelo), ove è situata una significativa testimonianza di un’antica devozione popolare, cioè la Grotta di San Michele, meta di pellegrini soprattutto l’ 8 maggio e il 29 settembre, ricorrenze della festività dell’Arcangelo a cui la Grotta è dedicata.

Secondo la tradizione, la grotta sarebbe stata consacrata tra l’862 e l’866, sotto i pontificati di Landolfo, vescovo di Capua, e Ilario, vescovo di Teano e addirittura il nome della frazione Profeti deriverebbe da eremiti che avevano in cura la grotta e che dimoravano non distante da essa in quella che è la “cella”, di cui non resta che un rudere.

Landolfo, con questa consacrazione, scioglieva un voto in onore dell’Arcangelo, poiché l’ 8 maggio dell’ 859 aveva vinto una battaglia contro il duca Sergio di Napoli, e nello stesso tempo, voleva fondare un santuario a perenne ricordo della sua vittoria, così come avevano fatto i longobardi con il santuario di San Michele al Gargano. E sarà lo stesso Landolfo a chiamare il vescovo di Teano, Ilario per la consacrazione, quasi sicuramente per le competenze territoriali che gli spettavano e che si collegano alla tradizione dell’ appartenenza di uno dei tre altari a Roccaromana, sita in diocesi di Teano,appartenenza che sembra indicare un diritto o almeno una qualche influenza di questa diocesi sul Santuario.

Il primo altare sulla sinistra di chi entra dall’ingresso maggiore, è quello patronato da Profeti ed è sormontato da un bassorilievo raffigurante l’Arcangelo Michele; nel punto più interno segue l’altare maggiore, dell’Arcidiocesi di Capua, e più avanti si trova il terzo altare, detto di Roccaromana.

Basta poi alzare lo sguardo per divertirsi ad interpretare la forma delle rocce che ornano la volta del nostro santuario naturale: un serpente, un cavolfiore, la testa di un agnello e sulle pareti laterali mammelle, chiocciole e ingressi di tunnel che vanno man mano restringendosi nascondendo alla nostra vista tante altre”meraviglie rocciose”: i pochi fortunati e coraggiosi che vi si sono avventurati, raccontano di aver notato durante l’impervio percorso rocce simili alle ali (le scelle) dell’ Arcangelo e in più, un macigno staccatosi dall’alto che crea un tavolo attorniato da quattro sedie in stalattiti.. Sulla nostra grotta è stato scritto molto…al riguardo, ho scelto una serie di descrizioni che, con il loro impatto visivo,ci condurranno in una visita virtuale in questo luogo dove storia e leggenda si fondono in uno splendido scenario….
“sorge una stalagmita a chiocciola. E’ leggenda che vi restano incastrati i figli di ignoto. Anche oggi i giovani si astengono dal penetrarvi nel timore di aprire il rubinetto materno del peccato” (G. Pendolino, Tradizioni cit.)

“Vi è una stalattite a forma di conchiglia…Questa conchiglia si trova a ridosso della parete e forma con essa uno stretto passaggio. La leggenda vuole che quando passano figli legittimi la conchiglia resta immobile,mentre quando passano figli adulterini la conchiglia si restringe impedendo il passaggio e rivelando l’origine ignota del malcapitato”
(M .Fabrizio, Dragoni, cit.).

“sulla parete destra un busto calcareo di donna protende due mammelle: turgida ed appetitosa quella a manca, afflosciata quella a dritta. Si narra che quest’ultima inaridì al tocco della mano di un peccatore…”.
“Dai capezzoli litici, una gocciolina iridescente ingrossa a poco a poco…cade, come tocco felpato, in una coppa calcarea. Le vecchierelle ancora oggi vi immergono le dita con tremore, portano le mani sul viso di prugna secca, si bagnano gli occhi per essere miracolate”.

“Nessuno osa toccare la più turgida, nel timore che dissecchi come quella sinistra inaridita dalla mano di un peccatore, e gli anziani prestano attenzione nel tener lontane le mani dei giovani tentati al tocco di quella stalattite turgida invitante, attribuita alla Madonna”.
(G. Pendolino, Sclavia, cit.)

Nella grotta, altra fonte di acqua miracolosa è nei pressi dell’ingresso principale, ove è stato scavato nella roccia un piccolo pozzo largo e profondo circa un paio di metri, che raccoglie acqua,pure ritenuta santa e miracolosa.Vige il divieto di attingerla con altro che con lo scuorzo,un attingitoio formato da corteccia di albero:
“Dinanzi all’ingresso tiene ancora un pozzetto al quale tuttora la superstizione vieta di attingere l’acqua con secchia. Per dissetare i fedeli, durante i festeggiamenti a San Michele, un devoto spacca l’estremità a un pollone di due anni, vi innesta la scorza scuoiata al più vicino castagno, la piega a busta e si serve dello scuorzo ottenuto per attingere l’acqua senza intorpidare il pozzo. Nella delicata operazione deve obbligatoriamente tenersi a cavalcioni del pozzetto”.
“nelle viscere della terra senti gocciolare acqua sui tuoi abiti; brividi di freddo e timore ti stringono la vita, ma quando torni alla luce del sole sei asciutto come prima”
“…la volta ricamata da turgide vene gocciola! E l’acqua ti cade sul volto, nei capelli, sulle spalle, sugli abiti, ti fa sentire il brivido del freddo nella schiena. Esci dalla porta settentrionale e , miracolo! Non sei più bagnato”.
(G. Pendolino, Tradizioni e leggende, cit.)

Verità o fantasia? A voi che visiterete la grotta l’ardua sentenza…..

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