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WOJTECH L’ORSO CHE LIBERO’ L’ITALIA

Redazione

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di Marco Zattarin

(La Stampa 26/01/2008)

Dai, papa, raccontami ancora la storia di Wojtek. E lui, Mieczyslaw Kaluzynski, non si tirava mai indietro, rimetteva insieme per i suoi piccoli Èva e Richard tutti i ricordi di quegli anni di sangue in cui aveva combattuto fianco a fianco con un orso iraniano. «Era un animale molto docile e socievole che avrebbe fatto qualunque cosa per una pinta di birra», ripeteva alla figlia l’ex fante polacco. In cambio di un boccale colmo sino all’orlo, o persino di una sigaretta, portava le casse di munizioni sino alle batterie alleate sotto il tiro nemico. «Se ne stava dritto sulle zampe posteriori e ci guardava come per dire “lo so fare, lasciate che vi aiuti”». I bimbi se la rìdevano contenti tutte le volte. In fondo, pensavano innocenti, la guerra a Montecassino non doveva essere stata poi un’esperienza così terribile.

Fante dell’Ottava Armata

In effetti il soldato Kaluzynski, classe 1912, ebbe più volte modo di ammettere che Wojtek fu una delle ragioni per cui ce l’avevano fatta, così ancora oggi Èva, una funzionaria europea nata e cresciuta in Inghilterra, rievoca le memorie paterne con un sorriso luminoso. «Gli inglesi dell’Ottava Annata avevano proibito che vi fossero animali al seguito delle truppe della campagna d’Italia, ma i polacchi non sentivano ragioni. Finirono per arruolare l’orso nella loro compagnia, intestandogli dei documenti personali e un numero di matricola. II comando, alla fine, se ne fece una ragione e la bestia potè restare».
Mieczyslaw Kaluzynski era nato a Chodorow, nell’odierna Ucraina. Allo scoppio della guerra, impaurito come tanti dall’offensiva concentrica di nazisti e Armata Rossa, aveva cercato di scappare in Romania, ma era stato catturato dai sovietici e spedito ai lavori forzati in Siberia. S’era spaccato la schiena per due anni, sino al rimescolarsi delle alleanze seguito all’Operazione Barbarossa, quando aveva riscoperto la libertà a Ahwaz, un campo profughi iraniano. Laggiù, recuperate le forze e il morale, era stato arruolato nella compagine multinazionale del generale Wladyslaw Anders.

Dalle Piramidi agli Appennini

Fu allora che entrò in scena Wojtek e trasformò i destini di quegli uomini senza patria. L’orsetto era stato trovato da un ragazzo sulle montagne della provincia persiana di Hamadan e ceduto ai polacchi per un paio di confezioni di carne in scatola. L’animale godeva di pessima salute, faticava a ingurgitare il cibo. Dovettero nutrirlo con del latte condensato che beveva da una bottiglia di vodka. Presto divenne la mascotte della compagnia. Viveva nelle tende coi soldati, marciava e giocava con loro. «Era normale che si improvvisassero degli incontri di wrestling, l’orso contro due o tre soldati. Talvolta li faceva vincere». Venne il momento di partire. Anders trasferì il suo contingente in Palestina e, quando fu addestrato, lo imbarcò alla volta dell’Italia. Navigarono lungo la costa, sostando in Egitto nel gennaio 1944. Eva conserva una foto del genitore davanti alle piramidi, una bella faccia allegra nonostante tutto. Qualche settimana più tardi sbarcarono sul suolo tricolore. Forse in Sicilia. La funzionaria inglese ha solo degli indizi. «Ogni anno a Natale mio padre apriva una bottiglia di Marsala. Ho sempre pensato che fosse una scelta legata al periodo bellico».

Sotto le bombe dei tedeschi


Giunsero in vista di Cassino che era primavera. La quarta offensiva contro il caposaldo tedesco scattò l’11maggio coi polacchi in prima linea. E Wojtek, naturalmente. Fra i cannoneggiamenti continui, le truppe combattevano a distanza ravvicinata. Gli uomini erano stremati e a corto di vettovagliamenti. Per nulla preoccupato dell’assordante rumore delle esplosioni, l’orso si rivelò un aiuto insuperabile. Portava le casse dai camion alle batterie, ognuna con quattro colpi da 23 libbre. Viaggiava nei camion seduto al fianco del conducente. Una volta lo colsero avvolto in un filo di biancheria intima femminile che le ausiliarie avevano steso. Un’altra qualcuno gli scattò una foto con in braccio un proiettile di gran calibro, immagine destinata a diventare l’emblema della 22» Transport Artillery Company. L’orso – al quale ora forse dedicheranno un monumento in Scozia – era entrato nella storia. Dopo un bombardamento aereo della cui utilità non si è mai smesso di discutere, i lancieri polacchi issarono le loro insegne su Montecassino il 18 giugno 1944. Roma fu liberata diciassette giorni più tardi. Un’istantanea ritrae Kaluzynski e compagni nei giardini del Vaticano, felici di aver raggiunto la capitale. Wojtek non è con loro. «Doveva essere in qualche alloggiamento a godersi un bicchiere di birra», scherza Èva.

La triste fine a Edimburgo


La Seconda Armata polacca fu sciolta nel 1947, quando gli eroi di Cassino avevano una casa e un lavoro nel Regno Unito. Kaluzynski sposò una bella polacca di sedici anni più giovane, anche lei reduce dai campi persiani. Wojtek, ormai celebre, sfilò a passo di marcia con gli altri vincitori per le strade di Glasgow, acclamato da migliaia di scozzesi. Lo aspettava lo Zoo di Edimburgo e una cattività al quale non si abituò mai. Negli ultimi anni usciva poco dalla tana. Morì a ventidue anni il 15 novembre 1963, dimenticato, però non dai tanti che avevano diviso con lui i giorni del fuoco. «Mio padre diceva che erano stati i migliori e i peggiori anni della sua vita», racconta Eva. Quelli in cui era bello essere vivi, ma era ancor meglio essere giovani.

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