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Arte e Archeologia

San Pietro Infine, l’antico “Gioco del Filetto”, anche detto “Triplice cinta”

Maurizio Zambardi

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Uno dei più bei regali che io e mio fratello Luigi abbiamo ricevuto dai nostri genitori, quando eravamo bambini, nel giorno della Befana, è stato il gioco della dama. Mi è ancora vivo il ricordo di quando nello scartare il regalo rimanemmo, in un primo momento, delusi. Non capivamo cosa fosse quella piatta cassettina di legno, al cui interno sentivamo risuonare misteriosi oggetti, che poi si rivelarono essere le pedine. La scatolina era apribile in due parti grazie a due piccole cerniere poste su un lato della giuntura e da un gancio di chiusura sul lato posto. Su un lato vi era stampata la scacchiera della dama, sull’atro il “Gioco del Filetto”, anche noto come “Triplice cinta” o anche “Mulino”, in sostanza un gioco formato da un disegno costituito da tre quadrati contenuti uno all’interno dell’altro, collegati tra loro nei punti mediani da quattro segmenti. Ci si gioca in due e vince chi dispone per prima sul disegno tre pedine in modo allineato, dello stesso colore, così da fare “filetto”, ma le regole del gioco possono anche cambiare. Quando nostro padre ci insegnò a giocare sia a dama che al Gioco del Filetto ci appassionammo tantissimo a quell’oggetto, rimanendo per ore e ore a sfidarci, specie nelle vacanze natalizie. Estendemmo poi il gioco anche ai nostri compagni di scuola. Quel bel regalo che i nostri genitori ci fecero lo conservo ancora gelosamente.

Ho voluto inserire questa breve premessa per parlare della presenza del “Gioco del Filetto, o “Triplice Cinta”, su alcuni blocchi lapidei presenti a San Pietro Infine. Questo gioco, così pure delle sue varianti, sono attestati già in epoca romana, a partire dal I secolo a.C., e nel medioevo, per poi giungere ai tempi odierni.
Non voglio addentrarmi, in questa sede, delle varie teorie e ipotesi che si sono sviluppate nel tempo attorno a questi giochi. Molti vedono in quei disegni geometrici incisi nella pietra, oltre al loro valore ludico anche un valore simbolico, e addirittura esoterico. Tipo le tre cinte di mura druidiche dei Celti, della capitale di Atlantide, o anche simboli magici legati ai Templari, rappresenterebbero i tre gradi delle iniziazioni misteriche. Secondo altri, nel Medioevo il grafico divenne simbolo della “Gerusalemme celeste”. Ma, avendo io una formazione di tipo scientifico, propendo per il loro esclusivo uso ludico.

Questi giochi si potevano svolgere solo su dei piani orizzontali o poco inclinati, altrimenti le pedine sarebbero scivolate via. Molti di questi blocchi, tuttavia, si trovano anche su pareti verticali, ciò è dovuto, chiaramente, al successivo riutilizzo dell’elemento lapideo come materiale per nuovi muri di fabbrica.
A San Pietro Infine di questi giochi se ne conoscono, almeno fino ad ora, quattro, posti, però, su tre blocchi calcarei diversi. Su un blocco, infatti, sono incisi due giochi, di cui uno è una variante del Gioco del Filetto. Per meglio descrivere il tutto chiameremo i blocchi di pietra in base al luogo dove si trovano. Il primo, che è anche il più elaborato, perché è quello che ne contiene due, come già detto, si trova sul vecchio centro di San Pietro Infine, lo chiameremo “Blocco di Via Sant’Angelo”. Il secondo lo chiameremo “Blocco del cippo di Santa Maria dell’Acqua”, il terzo lo chiameremo “Blocco di Via Colomba”.
Il primo, quello chiamato “Blocco di Via Sant’Angelo” si trovava riutilizzato come pietra angolare di una casa posta all’imbocco della via stessa, proprio di fronte alla scala in pietra che consentiva l’accesso al vecchio Municipio, distrutto completamente durante la guerra. Il blocco, nonostante il crollo della casa, a seguito dei cannoneggiamenti alleati, era rimasto incastonato nella parte bassa del muro portante della casa. Lo si può anche intravedere nei brevi fotogrammi del film Addio Alle Armi (1). Si può, comunque, meglio vedere in una foto degli anni ’70, che lo ritrae ancora inserito nel muro. In seguito, negli anni ’80, a seguito del crollo di ciò che rimaneva della parete, anche il blocco venne giù. Fu poi risistemato in modo orizzontale a mo’ di panca addossato alla parete cui apparteneva, e tutt’ora lo si po’ vedere in questa posizione. Quando la luce solare e radiale le incisioni appaiono chiaramente visibili.
Il blocco è di epoca romana e, probabilmente, proviene dal luogo dell’antico sito di “Ad Flexum”, localizzato nella piana di Santa Maria del Piano di San Pietro Infine. L’elemento lapideo fu catalogato e descritto da me, prima nella mia tesi di Laurea in Conservazione dei beni Culturali del 2006, e poi anche nella mia Tesi di dottorato (2).
Poiché ne feci anche il suo rilievo ora ne riporto il grafico e le misure.

La parte piana del blocco che contiene le incisioni, che però risulta monca del lato, e dei relativi spigoli posti, nella parte destra, misura attualmente pari 48X81cm, per uno spessore medio di circa 30-35cm. Ma, chiaramente, in origine era certamente più lungo di almeno altri 10-15cm. Come si può facilmente percepire dalla parte mancante del secondo gioco e di un eventuale suo bordo.
Il blocco reca tre tipi di incisioni, la prima, è una croce, che potremmo dire del “tipo greca”, essendo le misure dei due bracci quasi uguali, quello verticale è lungo 11 cm, quello orizzontale 9,6cm. Segue poi nella parte centrale del blocco, spostato più verso il basso, il Gioco del Filetto. I tre quadrati sono incisi in maniera lievemente deformata. Il lato basso del quadrato esterno è pari a 26,5cm, mentre quello alto è pari a 23 cm. I lati ortogonali sono di 20cm, quello a sinistra, e 21cm quello a destra. Mentre il quadrato interno è più simile ad un rettangolo di base pari a 8,5cm per un’altezza pari a 7cm. A 10cm a destra del Gioco del Filetto vi è una sua variante, che risulta, come detto, monca. Questa variante è formata da un grosso quattro diviso a sua volta in altri quadrati uguali. Ogni quadrato e poi ripartito secondo le linee mediane e le diagonali. Quello che rimane visibile del quadrato sono i tre quarti per cui potremmo dire che l’altezza, quella certa, è pari a 26cm, mentre l’altro lato, in base alla ricostruzione, possibile per simmetria con la parte sinistra, doveva essere lungo 28cm. Chiaramente le incisioni venivano effettuate a mano, magari da soldati di passaggio, per cui non vi era la necessità di fare forme geometriche perfette, quindi il risultato era l’avere forme vagamente quadrangolari.

Il secondo blocco che reca il Gioco del Filetto è in realtà un cippo funerario che si trova incastonato nel muro che fiancheggia la strada e che funge da contenimento della piccola piazzola antistante la chiesa di Maria SS. Dell’Acqua (3). Il gioco, che si trova sulla parete laterale del cippo, ha il quadrato esterno con misure pari a 16x16cm. L’incisione è molto accurata. Chiaramente l’incisione dovette essere fatta sul cippo quando questi, per qualche motivo, doveva trovarsi ribaltato, mostrando quindi il lato verticale in modo orizzontale.
Il terzo Blocco lapideo recante le incisioni del gioco, quello cioè di Via Colomba (4), si trova ancora posizionato come pietra angolare di una diruta casa sita in un vicolo cieco di Via Colomba, proprio a pochi metri dei resti di un antico dipinto della “Madonna su trono” (5). L’incisione è effettuata su un blocco di pietra molto grezza di misure pari medie pari a 40x30cm. Il quadrato esterno, che è in realtà un rettangolo), ha misure medie pari a 25x23cm. Tale gioco contiene al centro dei tre quadrati concentrici l’incisione di un foro. Probabilmente questo Gioco è di epoca medievale.

Note:
(1) Cfr. M. Zambardi, «San Pietro Infine nel film “Addio alle Armi”, del 1957», su www.sanpietresiallestero, Nov. 2014, edito anche sulla rivista “Chi è?” (a cura di Franco Falco), Associazione Dea Sport Onlus Bellona (CE), Giugno 2022, pp. 132-133.
(2) Cfr. Tesi di “Laurea in Topografia Antica”, titolo “Il territorio di “Ad Flexum” e le mura in opera Poligonale di Monte Sambùcaro”, Seconda Università degli Studi di Napoli, Anno 2005-2006, “Scheda sito n. 45”, p. 73; M. Zambardi, Tesi di Dottorato di Ricerca in “Metodologie conoscitive per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali” – XXIII° Ciclo – (Seconda Università di Napoli, anni 2007/10) dal titolo “Carta archeologica di un settore di territorio a confine tra la Valle del Liri e la Piana di Venafro” (Settore Scientifico: Topografia Antica. Tutor: Prof.ssa Stefania Gigli Quilici), Scheda del “Sito n. 45”, p. 105.
(3) Cfr. Tesi di “Laurea in Topografia Antica”, (cit.) Scheda del “Sito n. 31”, p. 63; M. Zambardi, Tesi di Dottorato di Ricerca (già cit.), Scheda del “Sito n. 31”, pp. 94 e 95; M. Zambardi, “Cippi funerari di età romana rinvenuti in località Maria SS. Dell’Acqua” in “Studi Cassinati”, Anno XV, n. 4, Ott.-Dic. 2015, pp. 263-268.
(4) Nel Catasto Onciario di San Pietro Infine, “Via Colomba” è denominata “Via Colombra”, M. Zambardi, “Il Catasto Onciario di San Pietro Infine”, in corso di stampa.
(5) Cfr. M. Zambardi, “Gli affreschi tre-quattrocenteschi di San Pietro Infine”, in “Studi Cassinati”, Anno XIV, n. 4, Ott.-Dic. 2014, pp. 249-254.

Maurizio Zambardi, 1961, architetto con seconda laurea in Conservazione dei Beni Culturali, indirizzo Archeologico. Dottore di Ricerca in “Metodologie conoscitive per la conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali”. Docente presso l’ISIS “Fermi – Mattei” di Isernia. Vive a San Pietro Infine con la moglie Luciana e i figli Elvira, Stefano e Laura. Attivo promotore culturale, collabora a quotidiani e riviste settoriali con studi e saggi di archeologia, storia e ricerche etno-antropologiche. È socio fondatore e membro del Direttivo del “Centro Documentazione e Studi Cassinati” e fa parte della Redazione del Trimestrale “Bollettino di Studi Cassinati”. È socio fondatore e tuttora Presidente, dal 2002, dell’Associazione Culturale “Ad Flexum” di San Pietro Infine. Ha effettuato numerose scoperte archeologiche e svolto studi e ricerche sul Brigantaggio Post-unitario e sulla Seconda Guerra Mondiale, nel proprio territorio. È autore di testi di canzoni.

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