Arte e Archeologia
San Pietro Infine, nella Dormitio Virginis, della chiesa di Maria SS. Dell’Acqua, elementi riconducibili a Iefonia, l’ebreo profanatore pentito punito dall’angelo e poi guarito

Nel cuore dell’abside della chiesa di Maria Santissima dell’Acqua, patrona di San Pietro Infine, sopravvive, sebbene gravemente danneggiato, uno degli ultimi affreschi visibili, testimone silenzioso della fede e della storia di un paese lacerato dalla guerra. Quel frammento di pittura sacra è uno dei pochi superstiti della furia distruttrice del secondo conflitto mondiale, che, nel 1943, travolse anche il patrimonio artistico e religioso del borgo (1).
Il primo a menzionarlo fu il compianto don Giustino Masia, nel suo prezioso libello del 1964, San Pietro Infine e la sua protettrice Maria SS. dell’Acqua. Scrivendo a pochi anni dalla devastazione, egli testimoniava: «Per la storia è da ricordare che, nell’avvicendarsi dei secoli, molti lavori artistici andarono distrutti per mano di iconoclasti o per l’incuria di custodi ignoranti. Lo dimostrano alcuni segni affiorati tra le macerie della distruzione provocata dalla furia dell’ultima guerra del 1943, come ad esempio la pittura apparsa nell’abside. » (2) Fu proprio durante i lavori di ristrutturazione e ampliamento della chiesa, avviati nel secondo dopoguerra e conclusi nel 1950, che parte dell’affresco venne riportata alla luce: l’intonaco che per anni lo aveva celato fu asportato, restituendo alla vista una porzione del dipinto. Tuttavia, non fu allora tentato alcun vero restauro.
A tornare sull’argomento fu, anni dopo, don Angelo Pantoni, nella sua Monografia su San Pietro Infine. Egli descrive con precisione l’ambiente sacro: «Nell’interno della chiesa (m. 4,85×12,60), l’abside, voltata a nord-est, larga m. 2,55, reca avanzi di affreschi ormai quasi illeggibili, anche per il fatto che non ne fu mai tentato il restauro. Si legge, nella balza di base, l’inizio di un’iscrizione in caratteri gotici: HOC OPUS FIERI FECIT […], ma purtroppo, almeno allo stato attuale, non vi si può leggere altro.» (3)
Negli anni Novanta, una nuova stagione di lavori interessò la chiesa. Il parroco, don Lucio Marandola, volle completare l’opera iniziata decenni prima, facendo rimuovere integralmente l’intonaco residuo che ancora copriva gran parte dell’affresco. Questa volta, oltre alla messa in luce, fu attuato anche un primo intervento di restauro, seppur limitato.
Va tuttavia rilevato un dettaglio significativo: la porzione dell’affresco rivelata alla fine degli anni Quaranta mostra numerosi segni di piccoli scassi, verosimilmente dovuti a una spicconatura poco accorta. Questi segni, tuttavia, non compaiono nella parte emersa durante i lavori degli anni Novanta, lasciando aperto un dubbio: tali scassi furono causati in occasione della prima rimozione dell’intonaco, o erano già presenti sulla superficie pittorica? (4)
A complicare la lettura e la conservazione dell’opera contribuiva, inoltre, un’ampia lesione verticale che, partendo dalla parete cilindrica dell’abside, si spingeva fino al catino (5), poi richiusa durante gli interventi degli anni Novanta.
Un primo tentativo di lettura dell’affresco fu compiuto dallo scrivente nel 1998 (6). Sebbene la datazione – al XV secolo – fosse corretta, l’interpretazione risultò in seguito errata. Fu solo nel 2003, con uno studio più attento, che si intuì la vera natura del ciclo pittorico: una rappresentazione della Dormitio Virginis, l’antico racconto della “dormizione di Maria” (7).
Nel 2008, un contributo più dettagliato giunse da Angelone e Panarello, i quali confermarono la datazione al Quattrocento e attribuirono l’affresco alle Storie della vita della Vergine, ispirate alla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (8 ). Tuttavia, pur riconoscendo il valore di tale lettura, lo scrivente propone un’interpretazione più aderente a una tradizione diversa, arricchita nei secoli da elementi apocrifi e simbolici: quella legata alla leggenda di Giovanni Evangelista, che narra in modo più articolato e mistico la Dormizione di Maria.
È proprio da questa prospettiva che nasce ora una nuova lettura del ciclo pittorico, frutto di un’osservazione ravvicinata e della restituzione grafica dell’affresco (9). Le linee continue tracciate nei grafici corrispondono ai contorni chiaramente leggibili delle figure, mentre quelle tratteggiate integrano i tratti lacunosi, là dove la ricostruzione è ritenuta attendibile. Il risultato è una visione d’insieme più organica e comprensibile dell’intero ciclo.
Prima, però, di procedere con l’analisi dei singoli riquadri e con la loro interpretazione iconografica, è necessario offrire una sintesi del racconto della Dormitio Virginis (10), così come tramandato dalla leggenda attribuita a Giovanni Evangelista.
La “Dormizione di Maria” (11)
Il racconto, attribuito a san Giovanni Evangelista, narra con solennità mistica e commozione spirituale il transito della Vergine Maria, la Theotokos (12), verso la gloria celeste. Vi si intrecciano visioni, prodigi e rivelazioni celesti, in un clima sacro e apocalittico che sublima il momento della morte come passaggio alla piena beatitudine.
Maria, madre del Signore, riceve dall’angelo l’annunzio della sua prossima “dormizione”, accompagnato dal dono di una palma celeste, simbolo di gloria e strumento di prodigi. Il messaggero la invita a prepararsi e le promette che tutti gli apostoli verranno da lei per assisterla. La Vergine, umile e previdente, chiede lumi sull’identità dell’angelo e sulla destinazione della palma. Le viene rivelato che solo sul monte degli Ulivi potrà conoscere il nome misterioso dell’inviato divino.
Salita al monte, Maria è accolta da un prodigio della natura: gli alberi si piegano in segno di venerazione. L’angelo le rivela i segreti del trapasso dei giusti, e le insegna una preghiera da recitare all’alba, nel momento del suo passaggio. Tornata a casa, Maria si prepara con cura: si lava, prega, indossa abiti candidi e benedice il Signore per le promesse ricevute. Chiama i parenti e i conoscenti, chiedendo loro di vegliare con lucerne accese e cuore aperto, in attesa del suo addio.
L’apostolo Giovanni giunge miracolosamente su una nube e si commuove nel rivedere Maria. Ella lo esorta a vegliarla e a proteggerla. Subito dopo, in un tuono improvviso, anche gli altri apostoli appaiono trasportati dalle estremità della terra. Si salutano con stupore e gioia, ringraziando Dio per il prodigio della loro riunione. Pietro guida la preghiera e invita a vegliare con parole di esortazione e speranza, paragonando la luce delle lucerne a quella dell’anima.
All’alba del terzo giorno, Maria recita la preghiera datale dall’angelo, poi si adagia serena sul letto. Attorniata dagli apostoli, con Pietro alla testa e Giovanni ai piedi, emana un profumo celeste che addormenta tutti tranne tre vergini testimoni. Appare Gesù con miriadi di angeli, entra nella stanza e riceve l’anima di sua madre, che affida all’arcangelo Michele, avvolta in una gloria ineffabile. Il corpo di Maria resta sereno, ancora parlante, e affida sé stesso al Figlio.
Gli apostoli portano il corpo su un lettuccio ornato di canti e palme. Gli angeli invisibili li accompagnano. Le autorità religiose di Gerusalemme, accecate dall’invidia e guidate da Satana, tentano di ostacolarli, ma vengono colpite da cecità, tranne un sommo sacerdote, Iefonia (Jephonias o anche Ruben). Questi, colpito da un miracolo e guarito per fede, proclama pubblicamente la divinità di Cristo e la santità di Maria.
Dopo la sepoltura, gli apostoli restano in attesa della promessa finale. Gesù riappare con Michele e Gabriele: le nubi celesti scendono, gli angeli intonano inni, e il corpo di Maria è assunto in paradiso. La sua anima, unita nuovamente al corpo, è posta sotto l’albero della vita. Cristo poi invia nuovamente gli apostoli nel mondo, affidando loro la missione di salvezza.
Il testo si chiude nella liturgia dell’eterna glorificazione: a Dio e al Figlio suo, Redentore e Re della gloria, spetta ogni onore nei secoli dei secoli.
Descrizione dell’opera
L’affresco, o meglio, i frammenti di un ciclo pittorico un tempo sontuoso, si estendono lungo la porzione cilindrica dell’abside e si insinuano, ormai in forma di lacerti, fin nel catino.
La porzione cilindrica è organizzata in due registri sovrapposti: quello superiore, narrativo, e quello inferiore, ornamentale ed epigrafico. Il primo è articolato in tre riquadri che illustrano diversi episodi legati alla Dormizione. Il secondo, più modesto ma ricco di suggestione, ospita una scritta gotica e una sequenza di specchiature rettangolari a finto marmo.
La suddivisione dei riquadri è realizzata mediante un elegante gioco di bande colorate: una fascia centrale rosso bordò, ampia circa 3-4 cm, è affiancata su entrambi i lati da due strisce più sottili, larghe circa 2 cm ciascuna, di colore bianco e giallo ocra. Questa raffinata compartimentazione dona all’intera composizione una scansione armoniosa, come un racconto visivo interrotto ma ancora leggibile.
A) Riquadri del registro superiore
1) Riquadro centrale
È la scena più estesa e significativa: al centro si erge il letto funebre, coperto da un drappo porpora le cui pieghe scivolano con grazia verso il pavimento, come a voler avvolgere il silenzio della morte. Su di esso giace la Vergine, distesa in un manto nero da cui emergono solo il volto sereno e le mani incrociate. In secondo piano, ma in posizione dominante, appare Cristo entro una mandorla rosso bordò con sottili striature bianche, contornata da una fascia rosa. Cristo sorregge con il braccio sinistro l’anima della madre, raffigurata come una bambina vestita di bianco, mentre con il destro, proteso fuori dalla mandorla, indica la salma della Vergine, con gesto solenne e misericordioso.
Intorno, gli undici apostoli si dispongono simmetricamente: sei alla sua destra, cinque alla sinistra. Due figure intere delimitano i margini del riquadro; si notano, in particolare, le dita nude del piede scalzo dell’apostolo più esterno a destra. Tutti i personaggi sono aureolati con nimbature lanceolate, accentuando il carattere sacro e ieratico della scena. Il riquadro, misurato lungo l’asse della banda rosso bordò, è ampio circa 175×165 cm.
A sostegno iconografico e narrativo di questa composizione, si cita un passo tratto dal Transitus Mariae, uno dei testi apocrifi più influenti nella tradizione cristiana antica e medievale. È il momento in cui, tra profumi celesti e luci divine, Cristo discende con gli angeli a prendere l’anima della madre, mentre gli apostoli, condotti miracolosamente da ogni angolo della terra, si ritrovano increduli e devoti ai piedi del suo letto.
Si riportano alcuni brani tratti dal racconto di San Giovanni teologo ed evangelista sull’arrivo degli apostoli a casa di Maria morente: “Arrivo di tutti gli apostoli. […] Mentre stavano lasciando la camera, s’udì un tuono improvviso che scosse quelli che si trovavano in quel luogo. Dopo il boato del tuono ecco apparire improvvisamente gli apostoli trasportati da una nube dalle estremità della terra davanti alla porta di Maria: erano undici assisi sulle nubi. Il primo era Pietro, il secondo Paolo anch’egli su di una nube essendo stato annoverato nel numero degli apostoli; si era appena convertito alla fede in Dio. Dopo di essi, gli altri apostoli si incontrarono sulle nubi e furono trasportati davanti alla porta di Maria. La beata Maria domandò allora ai suoi fratelli: “Che cosa c’è che siete venuti tutti a Gerusalemme?”. Pietro rispose: “Siamo noi che dobbiamo domandarlo a te, e tu lo domandi a noi? Certo è che nessuno di noi sa perché siamo giunti qui con così tanta velocità. Ero ad Antiochia, ed ora eccomi qua!”. E tutti dissero dove si trovavano in quel giorno e tutti erano stupiti di trovarsi là e di sentire tali cose. La beata Maria disse loro: “Prima che sostenesse la passione, pregai mio figlio affinché alla mia morte foste presenti sia lui che voi; ed egli mi concesse questo favore. Sappiate dunque che domani avrà luogo il mio transito. Vegliate e pregate con me, affinché, quando il Signore verrà a prendere la mia anima, vi trovi vigilanti”. Tutti promisero di vegliare: vegliarono e pregarono tutta la notte con salmi e canti, in mezzo a grandi luci. […] All’ora terza della domenica, come lo Spirito santo era disceso sugli apostoli in una nube così discese Cristo con una moltitudine di angeli e prese l’anima della sua diletta madre: vi fu un grande chiarore ed un profumo soavissimo mentre gli angeli cantavano il Cantico dei cantici, là ove il Signore dice: “Come un giglio tra le spine, così l’amica mia tra le figlie”. Tutti i presenti caddero bocconi, come erano caduti gli apostoli allorché Cristo si trasfigurò davanti a loro sul monte Tabor; e per tutto lo spazio di un’ora e mezzo, nessuno poté alzarsi. Poi disparve il chiarore e con il chiarore fu assunta in cielo l’anima della beata Maria vergine con salmi, inni e (espressioni) del Cantico dei cantici. Mentre la nube saliva, tremò tutta la terra e, in un istante, tutti i gerosolimitani videro chiaramente la morte della santa Maria” (13).
2) Riquadro destro (14)
Solo un terzo di questa scena è oggi leggibile. Si intravede la parte inferiore del letto funebre e della Madonna distesa, con le mani ancora incrociate e visibili in un piccolo lacerto. Intorno a lei, solo sei apostoli sono riconoscibili; gli altri, come svaniti nel nulla, sono stati divorati dal tempo.
Ma ciò che attira l’occhio e accende l’interpretazione è un piede verde e una gamba, anch’essa verde, visibile ai piedi della lettiga. Più in alto, una porzione di un’ala dello stesso colore si staglia quasi tangente al corpo della Vergine. Le proporzioni suggeriscono la presenza di due soggetti distinti: uno umano e uno angelico. Questo dettaglio, enigmatico ma eloquente, richiama alla memoria un episodio apocrifo ben noto: il tentativo di un ebreo, Iefonia, di profanare il feretro della Madonna. L’intervento fulmineo di un angelo, che con una spada di fuoco gli recide le mani, è descritto con vividezza nella Legenda della Dormizione. Ma è anche un episodio di redenzione: le mani, rimaste sospese alla bara, vengono riattaccate grazie alle preghiere degli apostoli e Iefonia, pentito, si converte.
L’episodio simboleggia la sacralità inviolabile del corpo della Vergine, la punizione del sacrilegio e, al tempo stesso, la misericordia che conduce alla conversione.
Si riporta parte del brano che narra l’episodio: “All’uscita della sua anima pura, il luogo si riempì di profumo e di luce ineffabile, e s’udì dal cielo una voce che diceva: “Te beata tra le donne!”. Pietro, io Giovanni, Paolo e Tomaso corremmo ad abbracciare i suoi preziosi piedi per essere santificati. Poi i dodici apostoli deposero il suo prezioso e santo corpo sulla lettiga e lo portarono via. Mentre la portavano via, un Ebreo dal corpo robusto di nome Iefonia si lanciò per assalire la lettiga portata dagli apostoli; ma con forza invisibile un angelo del Signore che era dietro di lui con una spada di fuoco, gli troncò le due mani e le lasciò appese per aria attorno alla lettiga. Dopo questo prodigio, tutto il popolo degli Ebrei, che ne era stato spettatore, gridò: “Colui che è nato da te, teotoco sempre vergine Maria, è proprio il vero Dio!”. Avendo Pietro comandato a Iefonia di fare conoscere i prodigi di Dio, questi s’alzò di dietro la lettiga e prese a gridare: “Santa Maria, che hai generato Cristo Dio, abbi pietà di me!”. Pietro rivolto verso di lui, gli disse: “Nel nome di colui che è nato da lei, si riattaccheranno le mani che ti sono state strappate”. Alla parola di Pietro, le mani pendenti dalla lettiga della signora subito si ritrassero e si riattaccarono a Iefonia. Egli credette e glorificò Cristo Dio, nato da lei”(15).
3) Riquadro sinistro
Molto più frammentario, questo pannello pare raffigurare l’Assunzione della Vergine in cielo. È visibile solo la parte superiore: il volto di Maria, velato, con una veste scollata che lascia intravedere il collo; accanto a lei, quattro angeli alati, due per lato. In basso, elementi architettonici appena delineati suggeriscono la presenza della sua tomba e il movimento ascensionale verso il cielo.
La scena richiama il momento in cui Maria, già assunta in spirito, è assunta anche in corpo alla gloria celeste. E poiché nel pannello centrale figurano solo undici apostoli, è plausibile che in questo riquadro fosse presente il dodicesimo, Tommaso, detto il Didimo. A lui, secondo la tradizione, Maria getta dal cielo il suo cingolo come prova dell’Assunzione. Un passo apocrifo riferisce: «Un’improvvisa luce celeste li circondò… mentre il corpo santo fu assunto in cielo dagli angeli… Tomaso gridò: “Madre santa… rallegra il tuo servo!” E dal cielo fu gettato a lui il cordone…».
B) Registro inferiore
Il registro sottostante ospita una scritta in caratteri gotici maiuscoli, bordata da fasce colorate simili a quelle dei riquadri superiori, ma leggermente più strette. La parte conservata, lunga 115 cm, reca, con il colore bruno, la formula: “[X]XX : HOC : OPUS : FIERI : F[ECIT]”. Un’espressione latina di uso comune nelle epigrafi artistiche, traducibile come “Fece fare quest’opera”.
La porzione iniziale, ormai perduta, doveva contenere l’anno dell’esecuzione, probabilmente nel XV secolo. La parte finale, pure mancante, doveva indicare il nome del committente. A circa 95 cm dall’ultima lettera leggibile (F) si scorgono altri segni grafici, tra cui una “B” o forse una “R”, forse penultima lettera del nome del dedicante. Una porzione lacunosa impedisce l’identificazione completa, ma la posizione fa supporre che l’intera iscrizione fosse collocata simmetricamente al centro dell’abside, e che si estendesse per circa 260 cm.
Subito sotto, si apre una sequenza di specchiature rettangolari, di circa 72×50 cm ciascuna, decorate a imitazione del marmo. La lastra centrale è color ocra, con striature marroni irregolari, evocando venature naturali o forse panneggi. Purtroppo, queste specchiature sono danneggiate gravemente dall’umidità, che risale dalle fondamenta della parete absidale. È tuttavia plausibile che si estendessero lungo tutta la fascia cilindrica dell’abside.
L’affresco nel catino
Dell’affresco posto nel catino absidale restano solo sparuti frammenti, troppo esigui per consentire una lettura precisa. Tuttavia, in virtù della coerenza iconografica del ciclo, si può supporre che l’ultima scena fosse la Coronazione della Vergine, evento che, pur non narrato nei Vangeli, è ampiamente attestato nella tradizione teologica e devozionale.
Un passo tratto dall’Apocalisse della Vergine Maria descrive il momento con immagini di grande potenza mistica: l’anima della Madonna, rivestita di vesti splendenti come il sole, riceve da Dio una corona più luminosa di novantotto soli e lune, prima di essere condotta da Michele nel seno di Abramo e dei giusti.
Un’ultima curiosità completa il quadro: poco sopra il riquadro centrale, all’attacco della volta, è visibile un lacerto pittorico di colore azzurro, collocato al di sotto del piano affrescato. È possibile che si trattasse del fondo di un cielo stellato, elemento tipico delle rappresentazioni celesti del tardo Medioevo.
Conclusione
Il ciclo pittorico della Dormitio Virginis, custodito nella porzione absidale della chiesa di Maria Santissima dell’Acqua a San Pietro Infine, si configura come una preziosa testimonianza di arte sacra tardo-medievale, nonostante il suo stato frammentario e la sua travagliata vicenda conservativa. L’analisi iconografica e strutturale, condotta alla luce della tradizione apocrifa cristiana e dei testi del Transitus Mariae, ha consentito di riconoscere, con attendibilità filologica, episodi di intensa pregnanza simbolica, come quello legato alla figura di Iefonia, il profanatore redento. L’opera, databile al XV secolo, manifesta una complessa stratificazione narrativa e teologica, nella quale si intrecciano elementi della devozione popolare, reminiscenze liturgiche orientali e un uso consapevole dello spazio sacro. In tale contesto, il ciclo si rivela non soltanto come espressione artistica, ma come dispositivo catechetico e mistagogico, capace di veicolare, attraverso la potenza delle immagini, un messaggio di salvezza, perdono e glorificazione mariana.
NOTE
1) Per le notizie inerenti i resti di antichi affreschi ancora percepibili sul vecchio centro di San Pietro Infine si veda M. Zambardi, «Gli affreschi tre-quattrocenteschi di San Pietro Infine», in Studi Cassinati, CDSC, anno XIV, n. 4, Ottobre – Dicembre 2014, Cassino 2014, pp. 249-254. Per l’affresco posto nella chiesa di San Nicola Vescovo del nuovo centro si veda: M. Zambardi, «Pregevole affresco a San Pietro Infine. “Il Battesimo di Gesù” di Giovanni Bizzoni», in Studi Cassinati, CDSC, anno XV, n. 1, Gennaio – Marzo 2015, Cassino 2015, pp. 55-58.
2) Cfr. Cfr. M. Zambardi (a cura), San Pietro infine e la sua protettrice Maria SS. Dell’Acqua di don Giustino Masia. Ristampa con aggiornamenti e integrazioni, Edizioni CDSC Aps, Scauri (LT) 2025, p. 58.
3) Cfr. F. Avagliano (a cura), A. Pantoni, San Pietro Infine. Ricerche storiche e artistiche, Montecassino 2006, pag. 74. Il Pantoni, anche se non dà una interpretazione dell’affresco, integra la parola “FECIT”, di cui in realtà è visibile solo la “F”, poiché appartiene la formula tipica della realizzazione di un’opera artistica, ma non menzione le “XXX” (di cui la prima è tronca), che rappresentano la parte finale dell’anno di realizzazione dell’affresco.
4) Generalmente, simili piccoli scassi — realizzati con uno strumento a doppia testa noto nel gergo popolare come male e peggio — venivano praticati intenzionalmente sulla superficie dell’intonaco preesistente, che spesso celava, o portava in sé, tracce di antichi affreschi. Lo scopo di tali incisioni, per quanto rozzo e invasivo possa apparire oggi, era quello di garantire una maggiore presa al nuovo strato d’intonaco, che vi sarebbe stato applicato successivamente. Un gesto tecnico, dunque, ma non privo di conseguenze per il patrimonio figurativo sottostante, di cui spesso si ignorava — o si trascurava — il valore storico e artistico.
5) Il catino dell’abside è la parte semicircolare o poligonale che chiude superiormente l’abside.
6) M. Zambardi, San Pietro Infine, Monumento Mondiale della Pace – World Monument to peace, Penitro di Formia (LT) 1998, p. 34.
7) M. Zambardi (a cura), Itinerari Sampietresi 2 – Il Vecchio Centro di San Pietro Infine, Ass. Ad Flexum, 2003, p. 47.
8) G. Angelone, A. Panarello (a cura), Inventario essenziale dei Beni Culturali esistenti nelle “Aree S.I.C.” e nell’intero territorio della Comunità Montana “Monte S, Croce”, Graficart, Formia (LT) 2008, pp. 281-284.
9) Un primo tentativo di rilievo dell’affresco, in scala 1:1, fu intrapreso dallo scrivente nel giugno del 2015. Per affrontare l’impresa, si scelse una metodologia semplice ma laboriosa: l’utilizzo di fogli acetati quadrettati, stesi con pazienza lungo la superficie absidale. Devo qui esprimere la mia gratitudine ai miei figli, Stefano e Laura, che con dedizione e spirito di collaborazione mi affiancarono in quell’iniziale e complesso lavoro sul campo. Tuttavia, le difficoltà non tardarono a manifestarsi: la notevole estensione dell’affresco, l’irregolarità del supporto murario e le ampie lacune pittoriche resero l’operazione assai più ardua di quanto previsto.
A distanza di anni, nel mese di aprile 2025, un secondo tentativo fu finalmente reso possibile grazie all’impiego delle più aggiornate tecnologie: un rilievo realizzato mediante laser scanner, strumento capace di restituire con grande precisione le geometrie complesse dell’apparato decorativo. In questa fase mi è caro ricordare con riconoscenza il contributo del collega e amico, l’ingegnere Vincenzo Gliottone, senza il cui supporto tecnico l’intervento non avrebbe potuto prendere forma. Il rilievo digitale, pur accurato, ha necessitato di un’ulteriore integrazione visiva. A tal fine sono state effettuate riprese fotografiche panoramiche, che hanno fornito materiale indispensabile per la successiva restituzione grafica, eseguita manualmente dallo scrivente con tenacia e attenzione, nonostante le non poche difficoltà incontrate. Un sentito ringraziamento va, in questo passaggio, al dottor Francesco Ferrini, che ha curato con professionalità la realizzazione delle immagini panoramiche.
Infine, non posso non rivolgere un particolare ringraziamento a Monsignor Lucio Marandola, il cui spirito di accoglienza e la disponibilità concreta hanno reso possibile l’intera operazione di rilievo, testimoniando ancora una volta il suo profondo legame con il patrimonio spirituale e artistico della comunità.
10) Il testo della Dormitio Virginis o della Leggenda della Dormizione e Assunzione della Vergine Maria si trova in diverse versioni, soprattutto apocrife, cioè testi non canonici ma molto influenti nella tradizione cristiana, soprattutto bizantina e medievale. I testi principali sono noti sotto il titolo generico di “Transitus Mariae” (o Transitio Mariae, in latino), e ce ne sono versioni in greco, latino, siriaco, copto, armeno, etiopico, e in volgari medievali.
11) Sintesi tratta dal manoscritto greco conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana con il numero 1982. Cod. Vatic. gr. 1982, ff. 181-189V (Codex Vaticanus graecus 1982, folia 181 recto – 189 verso).
12) Teotokos (Teotoco), letteralmente “Genitrice di Dio” o “Madre di Dio”, è un titolo religioso attribuito a Maria di Nazareth, in particolare nella tradizione cristiana orientale.
13) Tratto da: Dormizione di Maria. Transito R, contenuto nel Codice Vaticano Greco 1982, fogli 181r–189v. Si tratta di un antico racconto attribuito a san Giovanni, teologo ed evangelista, che narra la dormizione della Panaghìa Teotoco (cioè la “Tuttasanta Madre di Dio”) e le modalità della traslazione del corpo incorruttibile della Madre del Signore nostro Gesù Cristo.
14) Per maggiore chiarezza interpretativa, è opportuno precisare una convenzione fondamentale nella lettura dell’opera: con l’espressione riquadro destro si intende il pannello situato alla destra di Cristo, fulcro centrale della composizione, e dunque alla sinistra di chi osserva frontalmente l’affresco. Viceversa, il riquadro sinistro corrisponde al lato sinistro di Cristo, ovvero alla destra dell’osservatore. Tale distinzione, apparentemente semplice, è essenziale per orientarsi correttamente nella lettura iconografica e per evitare fraintendimenti nella descrizione delle singole scene.
15) Discorso di San Giovanni il teologo sul riposo della Santa teotoco, tratto da: Dormizione di Maria. Transito R, contenuto nel Codice Vaticano Greco 1982, fogli 181r–189v. Il Discorso di san Giovanni il Teologo sul riposo della Santa Teotoco è un testo apocrifo cristiano che narra la Dormizione (cioè la morte) e l’Assunzione della Vergine Maria. Questo scritto è attribuito a san Giovanni Evangelista e fa parte della tradizione letteraria nota come “Transitus Mariae”, che comprende vari racconti sulla fine terrena di Maria.

-
Scaffale6 anni ago
Piedimonte San Germano e la Madonna di Canneto
-
news19 anni ago
L’ EX FABBRICA “SIECI” DI SCAURI NEL PROGETTO “CATTEDRALI DEL MARE”
-
Terza Pagina18 anni ago
I SAVOIA E LA SOLUZIONE FINALE
-
Terza Pagina17 anni ago
BENEDETTO IL COSTRUTTORE
-
news17 anni ago
ADDIO A IDOLINA LANDOLFI
-
Musica15 anni ago
BRIGANTE SE MORE, L’INNO MUSICALE PER IL SUD
-
news1 anno ago
Il ricordo di Eugenio Maria Beranger, grande storico ed archeologo scomparso nel 2015
-
Itinerari19 anni ago
IL SANTUARIO MARIA SS. DELLE GRAZIE DI VILLA SANTA LUCIA